EUROPEI MONACO 2022: PERCORSO TROPPO FACILE O QUESTO È IL VERO XCO?

Il tracciato dell’Europeo di Monaco 2022 è stato criticato da tutti. Senza grosse difficoltà tecniche, ma soprattutto mal disegnato e mal realizzato. Non è riuscito a trasmettere l’emozione che la disciplina olimpica dona in Coppa del Mondo. Il giudizio di Martino Fruet ed Enrico Martello.

“Un tracciato gravel”. “L’europeo di ciclocross”. “Un percorso da gara del paese”. Questi sono solo alcuni dei commenti sul tracciato degli Europei XCO Elite 2022. Che fosse un tracciato diverso rispetto a quelli cui siamo abituati a vedere in Coppa del Mondo è pura verità, ma come siamo abituati a fare qui a PianetaMTB.it, abbiamo voluto andare un po’ oltre e ragionare meglio sul percorso di Munich 2022.

 

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Il Campionato Europeo 2022 XCO Elite è stato il primo all’interno di una kermesse multisport e che riuniva tutte le discipline del ciclismo  insieme, in  una sorta di mini-olimpiadi delle 12 stelle. Per fare questo si deve scegliere una location che sia in grado di ospitare tutte, o quasi, le discipline, in questo 2022 si è scelto Monaco di Baviera e lo splendido Olympiapark, già sede olimpica nel 1972.


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Però ci si aspettava una gara ben diversa, non stiamo parlando del lato agonistico, visto che i protagonisti annunciati hanno di fatto dato spettacolo, dimostrando di poter trasformare in spettacolo anche ciò che di spettacolare aveva davvero poco: il tracciato.

 

 

PERCORSO DURO E FISICO, MA PER NULLA TECNICO 

A Monaco il circuito di cross country, 4,2 chilometri con 157 metri di dislivello, è stato realizzato all’interno del parco urbano Olympiapark, una venue priva di qualsiasi tipo di sezione tecnica , quasi tutta su fondo erboso, ma con molte salite ripide e brevi. Ogni passaggio “difficile” è stato realizzato da zero, in modo artificiale cosa che avevamo già visto accadere a Londra in occasione delle Olimpiadi del 2012.

 

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LONDRA AVEVA DATO L'ESEMPIO

Proprio le Olimpiadi di Londra 2012 sono state il nostro punto di riferimento, perché in quell’occasione i tracciatori avevano trasformato la collina di Hadleigh Farm in un tracciato completamente artificiale, realizzato da zero, di 4,7 km per 172 metri di dislivello, come Monaco, in pratica.  All’epoca anche quel tracciato aveva alzato un bel polverone, nella primavera 2011, per la sua assenza di difficoltà e di vere e proprie sezioni tecniche. Julien Absalon aveva  ritenuto il percorso non rappresentativo del cross country, ma più vicino al ciclocross.

 

 

Dopo le modifiche e la completa apertura del circuito alla ricognizione durante i test preolimpici, i giudizi sono diventati più positivi e lo stesso Julien Absalon lo aveva definito finalmente "piacevole da guidare".

 

Photo ©Wikipedia Germania


Nonostante le critiche iniziali il tracciato di Londra ha dimostrato che da una collina d’erba si è in grado di creare un tracciato degno di una prova internazionale, non con le caratteristiche naturali di Nove Mesto o Val di Sole, ma ci si può avvicinare all’idea di tracciato della prova di apertura di coppa del mondo di quest’anno a Petropolis (Brasile), altro percorso moltissimo criticato perché TROPPO basato sulla spettacolarità e da alcuni definito pericoloso.  

 


 

I PROBLEMI DI MONACO 2022

Secondo noi più che la mancanza di tratti tecnici o spettacolari, se si guarda al tracciato di Les Gets in Francia, la differenza non è poi così tanta, quello che ha reso “brutto” il tracciato di Monaco sono state le sezioni tecniche artificiali indiscutibilmente mal realizzate e progettate.

 

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Infatti, all’interno del circuito infatti le sezioni tecniche esistevano, ma queste erano spesso posizionate in punti che rompevano il flow del circuito oppure realizzati in modo che  addirittura permettevano agli atleti di saltarli, come se non ci fossero. 


Rock garden dal profilo frivolo, senza un’identità e uno schema preciso di realizzazione che venivano evitati a piè pari oppure non chiusi ai lati permettendo agli atleti più accorti di passarli a lato, raffazzonate sezioni in stile gimkana da G2 con ostacoli minimi e senza senso come la zona dell’Oktoberfest Feeling, con la presenza di piccole botti in legno da schivare. 

 

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UN’OCCASIONE PERSA?

Insomma, a Monaco di Baviera si aveva la possibilità di portare la MTB in centro a una delle più grandi e belle città d'Europa, ma sembra che questa possibilità sia andata persa. La UEC (Unione Europea di Ciclismo) e le maggiori televisioni internazionali hanno trasmesso la diretta delle prove europee. Un modo per portare lo sport dentro le case, ma offrendo anche a ogni spettatore la possibilità di effettuare un confronto diretto con tutte le discipline del Super Europeo.

 

Questo tracciato ha dato della mountain bike attuale un’immagine completamente diversa e distorta, togliendo tutta la spettacolarità che la disciplina olimpica è normalmente capace di offrire su un tracciato degno di questo nome. 

 

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UCI E UEC VISIONI DISTINTE

Chi come noi segue le competizioni di cross country da anni conoscerà lo sdegno e la delusione che il tracciato dell’Europeo ha originato in ognuno di noi biker. 

 

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Vero è che le polemiche si erano sollevate anche in occasione della prova di Petropolis, dove in tanti accusavano l’UCI di voler spettacolarizzare troppo la disciplina con un tracciato velocissimo, ma  anche pieno di salti in stile DH e passaggi da FourCross, un cross country di un certo tipo che segue l’idea dell’UCI e che il prossimo anno arriverà con ancora più forza nelle case degli appassionati con la nuova distribuzione televisiva di Warner Bros. Discovery

 

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Una linea non certamente sposata da tutti e anche molto criticata dai “duri e puri” delle radici, ma che ha le sue radici in Londra 2012, e si è sviluppata con i grandi eventi di Pietermaritzburg, Rio de Janeiro e  in parte sposata dalla maggioranza dei circuiti internazionali come proprio Internazionali d’Italia Series, Proffix o French Cup, che alternano prove molto naturali ad altre più artificiali. 


L’europeo appena concluso ci ha sbalzato indietro a quello che potremmo chiamare “medievalismo cross countristico”, ovvero una mancanza di visione globale di un circuito, ma solo un puzzle di varie parte messe a caso. 

 

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UEC E GLI EUROPEI “FACILI”

É questa la visione del XC della UEC? Con Monaco ci si può indurre a pensare a una visione retrograda di UEC per subordinare la mountain bike allo spettacolo di altre discipline o umanizzare questo sport per allargare la potenza di fuoco su un pubblico più ampio. Ce lo porta a credere anche l’europeo serbo dello scorso anno.

 

 

Quello di Novi Sad era un percorso con ostacoli urbani come le scalinate. Per il contrario però l’europeo assegnato a Monte Tamaro poteva contare su uno dei più spettacolari tracciati di cross country e sono passati solo due anni dallo svolgimento di quella gara. 

 

 

Quale è allora la visione di UEC? Non quella UCI e del Comitato dei Giochi Olimpici che lo scorso anno regalò uno dei più spettacolari percorsi di mountain bike cross country.  

 

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IL FUTURO ARRIVA DALL’ENDURO?

UCI, che il prossimo anno lavorerà spalla a spalla con ESO e appunto Warner Bros (Discovery - Eurosport), ha contribuito a conferire un’immagine al cross country all’altezza di uno sport estremo e crediamo che il prossimo anno con l’ingresso nel progetto di ESO, società organizzatrice delle Enduro World Series, la musica non cambierà, anzi. 


Negli anni il cross country agonistico internazionale è cambiato, quello che vediamo ora è la declinazione più avanzata, più tecnica e dura che talvolta viene criticata, pensiamo proprio al tracciato Brasiliano oppure al famigerato salto di Tokyo costato la gara a Van der Poel

 


Adesso però UEC ci ha mostrato l’altra faccia della medaglia, quella di gare dal profilo semplice, senza ostacoli, che esalta la velocità ma soprattutto l’immagine televisiva. C’è però da dire che questa visione rispecchia anche il pensiero di una parte del mondo della MTB  neanche molto piccola, di quella che sui social grida allo scandalo ogni volta che c’è  un “doppio”  in un tracciato XCO, oppure ogni volta che si costringono i biker a passare su una parabolica in legno come a La Thuile. 

 

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IL VERO PROBLEMA

Il vero problema non è il fatto di un tracciato più o meno spettacolare, più o meno naturale, ma piuttosto il realizzare dei tracciati ben fatti, con una logica, un flow continuo da inizio alla fine e che siano in grado di esaltare alcune tipologie di atleta. 

 

Purtroppo a Monaco si è visto un tracciato veloce, con media oraria sopra i 25 km/h, il che in sé non è una cosa negativa, ma il vero esempio del fatto che fosse mal realizzato è stata la chiusura del rock garden durante la gara femminile a causa della pioggia. Se un ostacolo è ben fatto si deve poter affrontare in qualsiasi condizione climatica, perchè la Mtb è uno sport outdoor.  

 

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Non bisogna meravigliarsi poi se i big mondiali non partecipano all’Europeo e di conseguenza non portano spettacolo alle manifestazioni UEC. Tutti gli atleti in gara hanno reputato la gara dura per l’intensità, resa ancor più dura dal maltempo, ma tutti sono concordi sul fatto che sia mancato qualcosa rispetto alle prove di Coppa del Mondo a cui siamo abituati. Per questo abbiamo voluto confrontare la nostra idea chi di tracciati, realizzati e percorsi, alle spalle ne ha un bel po’. 

 

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COSA NE PENSA MARTINO FRUET, MTB LEGEND

Martino Fruet è uno degli atleti con la visione più aperta della mountain bike, vincitore di una prova di Coppa del Mondo, allrounder e purista, spaziando tra XCO, enduro e ciclocross il suo modo di vedere è netto e così ha commentato il percorso di gara: 

 

fruet

©Alessio Pederiva


«È stato un europeo a doppia faccia, tra gli uomini abbiamo assistito a una gara con 28 km/h di media mentre le donne hanno corso in condizioni estreme, nel fango e a piedi e distacchi fatti col pallottoliere. A me non piacciono i percorsi finti, preferisco la mountain bike fatta sui percorsi da mountain bike. La mtb televisivamente funziona, ma deve essere fatta nei luoghi a cui appartiene e quello che abbiamo visto era un percorso da ciclocross con ostacoli finti, vedremo settimana prossima il mondiale di Les Gets, ma anche se molto artificiale lì il livello è un altro, almeno sono presenti radici e il  livello del building è molto più alto». 


COSA NE PENSA ENRICO MARTELLO, SENIOR TRAIL BUILDER

Neanche Enrico Martello, trail builder e disegnatore di gran parte delle tracce di Internazionali d’Italia Series e ideatore del percorso di La Thuile, è dell’idea che questo Europeo abbia dato qualcosa in più alla disciplina: 

 

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«È molto imbarazzante vedere ciò che è venuto fuori ieri, se gli step di evoluzione della disciplina dal 2012 sono stati eccelsi, ieri abbiamo fatto un balzo indietro di 20 anni. Se abbiamo visto ciò è dovuto a due cause:

 

- Da una parte non esiste un delegato tecnico degno di un ruolo simile, che deve saper produrre percorsi, provarli e collaudarli.

 

- Dall’altra vi è la validazione dei percorsi che avviene da parte della giuria che non è formata da tecnici. I giudici sono coloro che decidono di chiudere un rock garden se pericoloso e classificare gli ostacoli, purtroppo si confonde il tecnico con il pericoloso, vedi il rock garden chiuso sabato, sembrava un pavé, ma con la pioggia hanno voluto chiuderlo. 

 


Servirebbero quindi figure più specifiche. Se pensiamo a Nove Mesto o Mont Sainte Anne, chi svolge quel ruolo e chi costruisce va anche in bici e prova di persona le features, una cosa che rende tutto ben diverso. L’ispezione per eventi di questo calibro non può avvenire solo tre giorni prima della gara, ma dovrebbe arrivare mesi come avviene nello sci. 


Lo stabilizzato (il fondo del terreno) in salita era sbagliato, le donne hanno fatto tutto a piedi, se fosse stato meno sabbio-terroso e più roccioso non sarebbe successo. La cosa che dispiace tantissimo è che abbiamo perso un’occasione perché a livello mediatico l’europeo di Monaco poteva essere per il nostro sport una vetrina davvero importante. Sono sicuro però che a Les Gets, all’interno del bike park più importante d’Europa e in casa francese, vedremo grande spettacolo, nonostante un tracciato che può essere considerato “facile”».

 

 

 

La formula del Super Europeo ci piace molto, è un modo per modernizzare la visione del  mondo dello sport, speriamo ora che dal 2023 anche i tracciati UEC diventino moderni e offrano tutto lo spettacolo che la nostra disciplina, la più bella in assoluto, è capace di dare, in modo da attrarre più partecipanti e veder rifiorire anche le gare regionali e nazionali, quelle più in debito di ossigeno. 

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