Alchemist 1ª puntata: Scopriamo insieme i segreti dell'alchimista

Pianeta MTB vi accompagna nel dietro alle quinte di Alchemist, azienda italiana emergente nello sviluppo di ruote in carbonio. Un viaggio nel Made in Italy in cinque tappe, tra le fasi della produzione, i modelli appena sbarcati sul mercato, curiosità e spunti di riflessione. Oggi il primo appuntamento.

Cinto Cao Maggiore, provincia di Venezia, a un tiro di schioppo dal Friuli, dalle rinomate località balneari di Bibione, Jesolo, Lignano Sabbiadoro, dove distese di campi sono ogni tanto interrotte da piccoli abitati.

 

In questa terra, quasi nascosta dagli occhi indiscreti, ha la sua sede operativa Alchemist, marchio che agli appassionati della mountain bike non può suonare nuovo: a dispetto del nome "anglosassone" si tratta di una azienda italiana, avviata non più di quattro anni fa, che conta la bellezza di una decina di dipendenti - tra addetti alla produzione e amministrazione -, ed è specializzata in componenti per biciclette, in fibra di carbonio.

 

Anzi, "La Componente", la ruota, creazione nella quale l'eccellenza nell'artigianato rigorosamente Made in Italy si fonde magicamente con lo studio ingegneristico dei particolari per dare ai riders un prodotto di livello elevatissimo.

 

Alchemist - Marcorin

 

Ad aprire le porte a Pianeta MTB - onore più unico che raro - è l'amministratore delegato/padrone di casa, che di nome fa Sandro Marcorin, ma che di fatto si fa chiamare l'Alchimista, appellativo che rimanda alla figura che nell'immaginario medioevale si poneva come scopo, per esempio, la trasformazione del metallo in oro, creare una soluzione a tutti i mali, dedicando tutta la sua vita a studi e ricerche.

 

L'Alchimista

 

Ambizioni che, con le dovute proporzioni, rispecchiano perfettamente la filosofia di Alchemist, per la quale lo studio e gli investimenti vengono sempre al primo posto, spinti dalla voglia di offrire ai riders il meglio possibile, facendo leva sulla capacità dei singoli artigiani - chiamare chi lavora in Alchemist un semplice operaio, capirete nei prossimi articoli, non da a Cesare quel che è di Cesare - di trasformare dei fogli di fibra di carbonio in un manufatto dalla qualità superiore.

 

La carne al fuoco, da come potete già intuire, è tanta, ed è veramente difficile condensare una giornata passata in compagnia dell'Alchimista in poche righe. Per questa ragione abbiamo pensato di raccontarvi tutto un capitolo dopo l'altro, prendendo in esame diversi aspetti quali la storia di Alchemist, il processo produttivo, e i segreti dei modelli di punta, a cominciare dalla X-Sense. Siete pronti?

 

Alchemist catalogo

 

LA PRIMA DOMANDA A CUI RISPONDERE E': COS'E' ALCHEMIST?

 

A questo quesito abbiamo già risposto: Alchemist è un'azienda italiana, nata ufficialmente nel gennaio 2013. Esperienza relativamente breve rispetto a marchi più noti, penserete. Siete completamente fuori strada. Perché lo stupore con il quale scopriamo la storia di Alchemist, va di pari passo con l'entusiasmo col quale si racconta chi l'ha creata, Sandro Marcorin in persona, anni di studi ingegneristici, e due decenni di esperienza in una società operante nel settore dell'elettronica. E che c'azzeccano mozzi e cerchi?

 

Alchemist

Questa è una nostra foto scattata nel 2012 a Expobici. Nello stand spicca la figura mitologica dell'uroboro, un animale alchemico, il serpente che si mangia la coda rigenerandosi continuamente. E' presente nel logo di Alchemist.

 

 

"Fin dagli anni 90, ho cercato un modo per fondere insieme le mie due più grandi passioni: i materiali compositi e la bicicletta", esordisce Marcorin. "Al tempo gestivo questa società e, visto che era un'azienda grossa, aveva all'interno vari reparti produttivi. Uno di questi si occupava della costruzione di stampi termoplastici. Quindi io per anni "mi sono costruito gratis" gli stampi per le biciclette, ed una volta a casa... sperimentavo! Avevo il garage completamente incollato, con mia madre perennemente arrabbiata con me perché c'era fibra dappertutto. Però questo mi ha dato la possibilità di sperimentare e fare esperienza".

 

Carbonio

 

Il concetto di alchimista ora vi suona più familiare? Marcorin, amatore come tutti noi, col tempo è riuscito però a tradurre la semplice passione in un lavoro. Il suo primo telaio in carbonio, del tutto home made, risale addirittura al 1997, "quando la fibra era considerata qualcosa di extraterrestre", ci tiene a precisare. "Nel mio percorso di studi aereonautici avevo imparato a conoscere i materiali compositi e ben presto me ne sono appassionato, di pari passo con l'amore per la bicicletta. Ho messo insieme le due cose e per quindici anni ho sperimentato, costruendomi i telai e le singole componenti, specializzandomi poi sulle ruote, cercando di capire come progettarle utilizzando al meglio i materiali che avevo a disposizione".

 

Alchemist

Uno dei primi telai che si era auto-costruito Marcorin

 

Così, nel 2012, Alchemist è nata come start up, e dal 2013 si è formata come vera e propria azienda, che, al momento, sforma oltre 3000 ruote all'anno. Numero destinato a crescere ad un ritmo impressionante per una realtà appena sbarcata nel mondo delle due ruote.

 

PRIMA PAROLA CHIAVE: RUOTA

 

In queste prime righe non può esservi passato inosservato un aspetto: finora abbiamo usato solo e unicamente la parola ruota, senza mai specificare le parti dalla quale è composta, ovvero cerchio, mozzo, nipple e raggi. Questo perché in Alchemist la parola "ruota" identifica un concetto ben preciso, la somma di cerchio e mozzo, due componenti imprescindibili l'uno dall'altro.

 

 

I primi mozzi prodotti da Alchemist

 

 

Alchemist fornisce la ruota completa, progettando e producendo sia il mozzo sia il cerchio: quindi lo sviluppo del mozzo viene fatto in funzione del cerchio e viceversa. Ne consegue che la scelta del tipo di raggio, del numero di raggi, di quanti e quali cuscinetti mettere, avviene in base al tipo di cerchio prodotto, della rigidità da ottenere con quel cerchio, il tipo di fibre utilizzate e viceversa. 

 

Tutto ciò che è carbonio viene quindi modellato nella sede di Cinto Cao Maggiore, lasciando a dei terzisti esterni due lavorazioni importanti, ossia le parti in alluminio e il montaggio dei raggi. Nel primo caso la ragione è legata al fatto che Alchemist non possiede una fresa a controllo numerico, necessaria per modellare le componenti in CNC... almeno per il momento: il desiderio, stando alle parole di Sandro Marcorin, è quello di possederne una il prima possibile.

 

 

La ruota 29'' nella versione per tubolare, da montare sulle mountain bike dotate della forcella Cannondale Lefty, che nel 2012 a Expobici aveva ricevuto una "segnalazione" per il livello di innovazione.

 

Pippo Wheels

 

Montaggio ruote presso Pippo Wheels. Immagini riprese dal sito ufficiale dell'azienda di Vicenza.

 

La seconda lavorazione fatta esternamente riguarda il montaggio dei raggi. "Noi ci affianchiamo a Pippo Wheels, di Vicenza, forse il montatore numero uno a livello italiano: non a caso tutte le squadre professionistiche vanno da lui ad assemblare le ruote. Svolge il suo lavoro completamente a mano, e lo fa con grande maestria", spiega l'ad. "Noi ci affianchiamo a lui perché vogliamo dare una garanzia sul prodotto che vendiamo: il montaggio è importantissimo, anzi, di più, è fondamentale. In poche parole bisogna saperlo fare: non ci si improvvisa montatori!".

 

La scelta della marca dei raggi è un discorso a parte, che può essere presa in base alle richieste del cliente, all'interno di quel corredo di tante possibili personalizzazioni che solo un'azienda che opera così a stretto contatto con i rivenditori può garantire, come vi renderete conto nei prossimi articoli.

 

 

A proposito di personalizzazioni, chiudiamo questo primo articolo con una curiosità. Sapete quali sono state le richieste più bizzarre ricevute da Alchemist? "Un cliente voleva i nipples uno di un colore e uno di un altro, alternati, e gli adesivi anche questi uno di un colore e uno di un altro", racconta sorridendo Marcorin. "Un altro cliente ha richiesto, per il cerchio, una colorazione lucida. Mentre un terzo ha voluto nipples e mozzi rossi da montare sulla sua Rocky Mountain. Questa colorazione era del tutto comprensibile: viveva in Canada!". "Mediamente si limitano abbastanza come personalizzazioni, non ci chiedono cose troppo strane... per fortuna!", la chiosa finale.

 

Richieste strane, ma non uniche, perché c'è chi è andato ben oltre. Ma è troppo presto per svelarvi altro: nel prossimo articolo andremo nel dietro le quinte del processo produttivo, da come un foglio di carbonio si trasforma in una ruota di altissima gamma.

 

Stay tuned! 

 

Quì potete leggere le puntate successive: 2, 3, 4, 5

 

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