La Bresse (Francia) - Da dove partire? Dal pubblico, dal tanto pubblico, dal tantissimo pubblico. Normalmente siamo abituati a leggere l'avverbio "tanto" in qualsiasi resoconto delle gare, magari accanto ad un numero altisonante, "centinaia, migliaia" (l’esercizio del tirare l’acqua al proprio mulino rientra nella normalità di ogni cronaca), ma chiunque si ritroverebbe obbligato a rivedere il valore di questa parola di fronte ad una marea di gente come quella vista a La Bresse.
Potrei dire 10.000, potrei "sparare" una cifra più alta, ma quello che resterà impresso, prima nel cuore che nelle orecchie, più di un numero o di un prato intero trasformato in tribuna naturale, è il boato da pelle d'oca scatenato quando dall'ultimo tornante è sbucato Julien Absalon, che nemmeno la sfortuna travestita da caduta sulla discesa finale è riuscito a fermare, quasi fosse l'unico destinato a vincere. Il vincitore perfetto (eloquente lo striscione appeso da giorni vicino al traguardo con scritto "tuot derrier toi Julien", tradotto “tutti dietro di te Julien”), per una gara perfetta sotto molti punti di vista.
Ah, mi sono scordato di un dettaglio, che poi così dettaglio non è, o almeno non lo sarebbe se fosse stata una gara organizzata in Italia: oltre 10000 spettatori, e tutti paganti! Si, avete capito bene, tutti paganti: 10 euro per accedere per tre giorni nella zona della gara, 10 euro per entrare in un paese chiuso da ogni ingresso. E nessuno che si è lamentato del biglietto (immagino il malcontento che avrebbe suscitato in Italia…), ma all'estero questa è la prassi.
Non mi soffermo sugli aspetti logistici (della serie “il regolamento non è un consiglio da seguire, ma un dovere da rispettare alla lettera”), perché il primo pensiero è “ovvio che l’organizzazione è perfetta, si tratta di una prova di Coppa del Mondo!”, ma qua c’è ben altro: ciò che colpisce è l’atmosfera intrisa di passione mista alla cura per i particolari, un clima che raramente si vede in Italia, perché non è solo un team che crede nell’evento, ma è un’intera regione (il dipartimento della Lorena, presente nella piazza centrale addirittura con un motorhome!), un’intera comunità di 5000 anime quasi fuori dal mondo in cui ad un certo punto atterra nel giardino di casa un extraterrestre, un personaggio proveniente dallo spazio che di nome fa Julien, un campione olimpico amato da tutti, un po’ come se nel campetto dell’oratorio ci trovassimo a fare due tiri con Roberto Baggio.
Seguire la gara è più facile dalla sala stampa o dal pc di casa grazie al live timing sul sito dell’Uci che da dietro la fettuccia: niente da eccepire sul sistema di comunicazione con 2 speaker (una in lingua francese ed uno in lingua inglese) fissi al traguardo e con amplificatori che spuntavano in ogni parte del tracciato, un'efficientissima radio corsa e due maxi schermi, ma durante la gara l'attenzione sfugge di fronte allo spettacolo, al tifo ed all'essenza di agonismo che si respira. A La Bresse ha vinto IL francese, ma ad essere sincero l'emozione è la stessa che avrei provato se avesse vinto un mio connazionale.
Gli italiani appunto: la trasferta translapina non ha portato bene ai colori azzurri, con Fontana che ha tagliato il copertone, Bertolini caduto 2 volte prima di alzare bandiera bianca, la Calvetti che è caduta addirittura nel giro di lancio, la Lechner in giornata no, ed il resto del plotone lontano dai riflettori, ma uno dei ricordi da custodire gelosamente è il sentirsi dire “grazie” da parte di Fontana e di Corti per avergli fatto il tifo.
Girare poi per l'area team di una tappa di Coppa è un po' come andare ad una fiera del settore, dove il bike test d'eccezione viene svolto dagli stessi professionisti: giusto per citare alcune novità, abbiamo toccato con mano la 27.5 di Nino Schurter (messa a fianco delle 26 conferma che il telaio è il prototipo fatto apposta per il nuovo standard), il nuovo sblocco sulla forcella Sountur del team CBE Merida, e le nuove soluzioni di Formula e Shimano.
Tutte novità che molto probabilmente vedremo nel 2013 sulle mountain bike degli amatori. A tutto questo si aggiunge un clima di familiarità tipico di una gara di paese, che non si scontra affatto con l’importanza dell’evento, ma piuttosto si amalgama rendendo il tutto qualcosa di unico.
Questa è stata La Bresse e, badate bene, non ho ancora parlato del percorso, un teatro naturale in cui il lavoro dello staff si vede eccome. Per descrivere la discesa basta ricordare che la località francese lo scorso anno ha ospitato la prova di coppa del mondo di downhill: rocce scivolose, radici, salti, gobbe per 2 km, una picchiata mozzafiato che nemmeno ai top rider perdonava il minimo errore (lo stesso Absalon ha pagato pegno nell'ultimo giro).
Questa è La Bresse, questa è la World Cup vissuta in terra straniera. Non è un’olimpiade che capita ogni quattro anni, ma la sensazione che resta in chi l’ha vissuta è quella di un'esperienza unica ed irripetibile, come se passasse in secondo piano il fatto che questa tappa, in fin dei conti, potrebbe essere considerata solo una delle tante.