Ciao a tutti. Sì ciao, perché ora si può dire: domenica prossima primo maggio, con il Campionato Italiano Marathon nella mia terra di nascita, l'Umbria, chiuderò la mia carriera ciclistica.
Da domenica pomeriggio non sarò più un Corridore ciclista, ma "solo" un ciclista. Appassionato, felice, rilassato, ma sempre fortemente ciclista.
Sono felice e teso allo stesso tempo perché realizzo così un mio sogno importante che cullo da sempre: chiudere la mia carriera di ciclista professionista quando lo decido io, da atleta in salute, competitivo, consapevole.
E sì che il destino, sotto forma di cadute e incidenti, negli ultimi quattro anni ha provato davvero a decidere per me, ma io non ho certo voluto dargliela vinta. Specialmente l'ultimo infortunio, quello di settembre scorso, con nove ossa rotte e 70 centimetri di ferri ancora conficcati nel mio braccio e spalla destri (prima o poi li toglierò), ce l'ha messa tutta. Ma non c'è riuscito.
Non poteva finire tutto contro un guardrail, infortunato, sconfitto, incavolato nero. Dovevo reagire e decidere io per il mio destino. E l'ho fatto rimettendomi in bici piano piano, tornando giorno dopo giorno sempre più competitivo, abbandonando le paure di quel maledetto guardrail, liberando il mio fisico dai veleni delle anestesie, tornando prima ad un passo dal podio, poi terzo, poi finalmente anche primo, in una granfondo su strada.
E insieme col processo di recupero ho maturato anche la mia decisione, ho deciso che era bello tutto ciò che era stato, ma c'era da guardare avanti, ancora più avanti, perché il mio futuro mi pressa già da parecchio.
Corro (e ho iniziato a vincere) dal 1980, avevo 7 anni, 31 anni fa.
Per me ogni giorno pedalare è stato come camminare e non smetterò certo di farlo domenica: ancora oggi, ogni giorno di più, sento che per me pedalare è come respirare, essenziale. Ringrazio Dio per avermi permesso di farlo con gioia e addirittura per lavoro, di avermi concesso di realizzare i miei sogni, aver corso il Giro d'Italia, aver vinto tra i professionisti della strada e essermi divertito molto a vincere e pedalare anche nella Mtb. La mia bici mi ha permesso di viaggiare il mondo, conoscere tre lingue senza studiarle, conoscere modi diversi di vivere e di pensare, conoscere la donna della mia vita e con lei la mia famiglia, tutto dalla sella della mia bici.
Un solo sogno non ho ancora realizzato: quello di indossare una maglia tricolore. Magari me ne dovrò fare una ragione...
Cosa fare dopo già lo so, ho solo l'imbarazzo della scelta, ma purtroppo solo 24 ore al giorno per vivere il ciclismo sotto tanti altri punti di vista: scrittore, giornalista, preparatore atletico, procuratore sportivo, organizzatore. Presto anche direttore sportivo.
Poi ho da crescere i miei due figli, insegnargli lo sport e con esso la vita.
E poi, perché no, devo ancora divertirmi a pedalare, speriamo tanto, per esempio continuando a fare promozione alle aziende che anche in questa stagione hanno voluto sostenermi con un rapporto fantastico di lavoro e umano allo stesso tempo. Sicuramente lo farò con gusto, magari ogni tanto anche ributtandomi nella mischia, per assaporare l'ebrezza del vento veloce in faccia e il sudore condiviso con tanti altri che mi pedalano accanto.
Ringrazio tutte le persone che mi hanno accompagnato in questi anni, insegnato a vincere allenadomi, e insegnato soprattutto a perdere battendomi con spirito sportivo in gara. Ringrazio le aziende e gli imprenditori che sino a dopodomani mi hanno permesso di trasformare la mia passione nel lavoro più bello del mondo.
Ringrazio voi che mi leggete e coloro che domenica in gara incroceranno il mio sguardo. Avete arricchito la mia vita.
Un abbraccio
Paolo Alberati