La Cape Epic vista dal punto di vista tecnico: Full e 27,5''

Quasi tutti i top team stranieri hanno utilizzato le biammortizzate mentre le 27,5'' italiane (Torpado e Axevo) si sono dimostrate all'altezza della situazione.

Ieri si è conclusa la decima edizione della Cape Epic con un party sulla spiaggia di Cape Town (Città del Capo). Otto giorni di gara su terreni diversi da quelli che si trovano in Europa, sono stati un bel banco di prova non solo per la resistenza degli atleti ma anche di quella dei mezzi meccanici. Prima di partire alla volta del Sudafrica i team sapevano che avrebbero dovuto montare le loro mountain bike con pezzi super affidabili e resistenti. Grande lavoro tutti i giorni al termine delle tappe per i meccanici che si sono ritrovati con un nemico sconosciuto qua da noi, la polvere in quantità industriale.

 

 

Se tutto sommato rientra nella normalità vedere Jaroslav Kulhavy e Christoph Sauser correre con la loro Specialized S-Works Epic di colore oro, l'aspetto che ci ha colpito in questa gara è stato l'utilizzo massiccio delle full, da parte di quasi tutti i top team.

 

 

E sembra anche un gioco di parole, la Epic ha corso alla Cape Epic. E aggiungiamo, guardando la grafica, era anche una Epic, graficamente studiata per la gara sudafricana e in onore della memoria di Burry Stander.

 

 

E i due corridori del team Burry Stander Songo hanno portato poi la loro bici sul gradino più alto del podio.

 

 

In quest'altra immagine, presso il motorhome Bulls si notano tutte le sei Wild Edge. Sei perchè la squadra schierava ben tre team, di cui due poi sono arrivati sul podio finale. Karl Platt e Urs Hüber secondi, Thomas Dietsch e Tim Boehme terzi e Stefan Sahm con Simon Stiebjahn hanno concluso in settima posizione.

 

 

Questa volta ne Manuel Fumic ne Marco Aurelio Fontana hanno utilizzato la Cannondale F29 da cross country ma insieme al team Cannondale Factory Racing, hanno deciso di usare la Scalpel dotate delle ruote in carbonio Enve.

 

 

Ma la full (Spark) l'ha utilizzata anche lo Scott Swisspower con Nino Schürter e Florian Vogel.

 

 

Ma sono stati gli italiani ha mettere a dura prova per la prima volta in una competizione così impegnativa le loro mountain bike con il telaio progettato per le ruote da 27,5'' (650B). Quello di Torpado con il telaio Nearco Carbon è stato il primo vero battesimo del fuoco e il progetto nato a Cavarzere si è rivelato vincente. Infatti Roel Paulissen e Yader Zoli alla fine sono arrivati decimi assoluti, in una "battaglia" che ha visto in gara tutti i grandi big di livello internazionale. Insomma un brand italiano che si è dimostrato competitivo nel confronto con i big player internazionali (Scott, Specialized, Bulls, Canyon, Cannondale).

 

 

E il bello è che Yader Zoli prima della partenza è riuscito a convincere Paulissen ad utilizzare una 27,5 (Nearco) e non la 29 pollici (Ribot). La loro Nearco era in buone mani,  a fine gara era affidata alle cure del toscano Michele Leonardi che collabora con la casa veneziana, nello sviluppo tecnico dei prodotti.

 

E che dire della Axevo Pro team 650B utilizzata da Mirko Celestino e Luca Ronchi? Un modello frutto di tre anni di sviluppo, che quest'anno si presenta con un nuovo carro e che se Luca Ronchi non fosse stato colpito dal virus intestinale, probabilmente sarebbe riuscita ad entrare anche lei nella top ten. E la squadra ha messo a dura prova anche i cerchi Axevo Black Mamba e le forcelle Magura Durin TS8, realizzate in Germania ma su indicazione di Axevo. Insomma questa bici è un prodotto made in "Sarnico" che non ha nulla da invidiare a tutti i prodotti che arrivano dall'estero, anzi può correre a testa alta perchè è un hardtail di alto livello.

 

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