LE GRANFONDO SONO IN CRISI? GCN CITA PIANETAMTB, UNA BUONA SCUSA PER RIPRENDERE IL DISCORSO

GCN Italia cita un nostro articolo di due anni fa sul calo delle Granfondo MTB e porta il tema sul mondo strada. I commenti al video aprono uno spaccato molto chiaro sulle criticità del modello attuale. Costi, sicurezza, burocrazia e format: qui proviamo a mettere ordine e guardare avanti.

GCN Italia ha pubblicato un video dedicato alla crisi delle Granfondo su strada, citando espressamente un nostro articolo di PianetaMTB.it di circa due anni fa, nel quale segnalavamo il calo delle partecipazioni alle Granfondo MTB.

 

Un passaggio che ci fa piacere (grazie Alan Marangoni e Giorgio Brambilla, vi dobbiamo una birra) e che conferma una sensazione che nel mondo amatoriale circola da tempo: il problema non riguarda una singola disciplina, ma l'intero modello delle Granfondo così come lo abbiamo conosciuto negli ultimi vent'anni. 

 

 

Proprio per questo abbiamo analizzato con attenzione i tantissimi commenti sotto il video di GCN Italia, perché spesso è lì che emergono le motivazioni più autentiche del calo e, allo stesso tempo, alcune possibili soluzioni.

 

 

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LA CRISI NON È DI MODA, È STRUTTURALE

Dai commenti emerge subito un punto fermo: la crisi delle Granfondo non viene percepita come passeggera. Non è una questione di meteo, di annate storte o di semplice disaffezione momentanea. Per molti ciclisti è finito un ciclo. Le Granfondo, sia su strada sia in MTB, vengono viste come eventi che non rispecchiano più le esigenze, il tempo e il portafoglio dell'amatore medio.

 

I costi sono il primo grande tema. Non solo la quota di iscrizione, ma tutto quello che ci gira intorno: tesseramento, visita medica agonistica, viaggio, alloggio, ristorazione. In tantissimi parlano apertamente di weekend da 300-500 euro per una singola gara. Una cifra che molti non sono più disposti a spendere, soprattutto se poi l'esperienza non è percepita come "protetta" o realmente speciale.

 

 

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NON CI SONO GIOVANI

Interessante anche il tema del cambio generazionale. Molti giovani arrivano già "saturi" dall'agonismo delle categorie giovanili, abbandonato proprio per l'essere considerati già professionisti, e non hanno alcun interesse a rientrare in un sistema che ripropone lo stesso stress. Altri semplicemente non vedono senso nel competere: oggi la condivisione passa dai social, da Strava, non dal numero attaccato. La bici diventa esperienza, non classifica. Per molti la bici è tornata a essere uno spazio di libertà, viaggi, gravel, bikepacking, eventi no race o Bike Day gratuiti.

 

©Plastic Freeride


I giovani sono pochi, le famiglie incidono di più sulle scelte di tempo libero, e la disponibilità a dedicare weekend interi a una gara è diminuita. In parallelo crescono alternative più flessibili: gravel, cicloturismo, circuiti brevi, cronoscalate, eventi iconici "finisher-oriented" e persino ciclismo virtuale. 

 

© Bike Summer Camp

 

Se la corsa a piedi sta esplodendo perché è uno sport "social" il ciclismo è rimasto incollato all'etichetta di "vecchiume", qualcuno sta cercando di svecchiarlo (come i ragazzi di Swatt Club, ad esempio), ma è ancora poco e forse serve un nuovo linguaggio anche per raccontarlo. Linguaggio che potrebbe essere quello più "sciolto" del mondo gravel.

 

Fa molto riflettere che al mondiale Gravel 2025 la categoria più partecipata fosse quella tra i 25 e 35 anni. Vero, una rondine non fa primavera, ma sono segnali che fanno pensare. 

 

©Photopress.be

 

 

BUROCRAZIA: IL FRENO PIÙ ODIATO

Un altro tema fortissimo è quello burocratico. L'obbligo di tesserarsi a una società sportiva solo per poter richiedere la visita medica agonistica viene vissuto come un passaggio inutile e fastidioso. Più di un commento fa notare come, di fatto, non si tratti di una scelta sportiva ma di un vincolo amministrativo. 

 

Il confronto con il mondo della corsa è inevitabile. In molti citano la RunCard FIDAL come esempio virtuoso: una tessera individuale, semplice, accessibile (il costo è di 30€ per la prima attivazione, i costi di rinnovo salgono  progressivamente a 40€, secondo anno, e poi a 50€ dal terzo anno), che consente di partecipare alle gare senza dover entrare in una società. È uno dei punti che anche noi riteniamo centrali: una tessera "light", pensata per l'amatore occasionale, potrebbe riportare alle Granfondo quella fascia di ciclisti che oggi resta fuori per stanchezza burocratica prima ancora che per mancanza di voglia. 

 

 

SICUREZZA E TRAFFICO: PAGARE PER RISCHIARE NON FUNZIONA PIÙ

Scorrendo i commenti riguardanti le gare su strada, il tema della sicurezza è probabilmente quello che genera più frustrazione. Tantissimi raccontano la stessa esperienza: dopo pochi chilometri arriva il fine gara, le strade vengono riaperte e si pedala in mezzo al traffico. Auto nervose, incroci aperti, rischio reale. Il tutto dopo aver pagato cifre importanti.

 

Qui la frattura è evidente: la tutela sembra riservata a pochi, mentre la maggioranza si ritrova a vivere un'esperienza non troppo diversa da una normale uscita domenicale, ma con più stress. È uno dei motivi per cui crescono eventi alternativi come bike day, cicloturistiche a traffico chiuso, gravel e randonnée, dove almeno il rapporto rischio/divertimento è percepito come più equilibrato.

 

 

LIVELLO TROPPO ALTO E CLASSIFICHE DA RIPENSARE

Altro punto chiave: il livello medio delle Granfondo è salito moltissimo. Ex professionisti, ex élite, ex under 23 e amatori ultra preparati convivono con chi lavora tutto il giorno e si allena quando può. Questo mix genera velocità elevate, selezione immediata e, di conseguenza, strade riaperte sempre prima.

 

Qui secondo noi entra in gioco un tema fondamentale: il ripensamento delle classifiche. Continuare a proporre una classifica per età, che mette insieme mondi completamente diversi, non ha più senso. Servono griglie per livello, classifiche per fasce reali di prestazione, magari più orientate alla sfida personale che al confronto diretto con chi, di fatto, fa ciclismo "quasi" per lavoro.

 

 

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CALENDARI CAOTICI E GARE CHE SI PESTANO I PIEDI

Dai commenti emerge anche una critica forte alla gestione dei calendari. Troppe gare concentrate negli stessi weekend, eventi che si sovrappongono, regioni sature e altre completamente scoperte. Questo vale sia per la strada sia per la MTB.

 

Un calendario più sensato, strutturato e coordinato permetterebbe di distribuire meglio le partecipazioni, aiutare gli organizzatori e dare agli amatori la possibilità di scegliere senza dover rinunciare a un evento perché ce ne sono altri tre lo stesso giorno a pochi chilometri di distanza.

 

 

LE SOLUZIONI POSSIBILI (SE SI HA IL CORAGGIO DI CAMBIARE)

Dai commenti, ma anche dalla nostra esperienza diretta, emergono alcune direzioni chiare:
- semplificare l'accesso con una tessera stile RunCard
- ripensare classifiche e format, separando davvero chi corre per vincere da chi corre per sfida personale
- migliorare la sicurezza reale, non solo quella dei primi
- costruire calendari più logici e meno affollati
- restituire alle Granfondo un'identità più inclusiva e meno esasperata

- proporre dei format che soddisfino sia l'amatore sia chi invece cerca un'esperienza.

 

 

NON È FINITA LA BICI, È FINITO UN MODELLO

Il messaggio che arriva forte dai commenti al video di GCN Italia è uno: la gente non ha smesso di andare in bici. Ha smesso di riconoscersi nelle Granfondo così come sono oggi. La crisi non è del ciclismo amatoriale, ma di un format che fatica ad adattarsi a un mondo cambiato.

 

Due anni fa lo dicevamo parlando di Granfondo MTB. Oggi il discorso vale anche per la strada. Il punto non è difendere il passato, ma avere il coraggio di ripensare il futuro. E forse, leggendo certi commenti, il futuro è già più chiaro di quanto sembri.

 

 

Chi lavora tutta la settimana non cerca più il pettorale più basso, ma un motivo per tornare a casa col sorriso

 

 

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