ALLENAMENTO & PERFORMANCE, ESISTONO LIMITI?
Per vincere una sfida con me stesso, grazie a grande motivazione, ho raggiunto un volume di allenamento che potrebbe sembrare altissimo ma che posso assicurarvi che è assolutamente raggiungibile (mantenendo oltretutto un ottimo livello di performance).
Se qualche anno fa, mentre studiavo e sperimentavo allenamenti molto lunghi, incessanti e pesanti, mi avessero detto che con massima continuità e senza periodi di scarico o giorni di riposo, fossi stato in grado di superare le otto ore al giorno di allenamento per un intero mese (effettuando anche prestazioni ottime sulle salite cronometrate fatte durante queste uscite) non ci avrei creduto!
E invece ci siamo arrivati. Sommando una serie di eventi favorevoli, per un ulteriore sperimentazione e studio, ma soprattutto per vincere una sfida con me stesso, grazie a grande motivazione, ho raggiunto un volume di allenamento che potrebbe sembrare altissimo ma che posso assicurarvi che è assolutamente raggiungibile (mantenendo oltretutto un ottimo livello di performance). Se pensiamo alle prestazioni di atleti che effettuano gare a tappe sia su strada che in mountain bike, abbiamo la dimostrazione che il fisico umano, se ben preparato e allenato, può sopportare carichi di lavoro veramente alti.
Prendendo in considerazione diverse giornate consecutive di gara del "Giro d'Italia" oppure di una gara a tappe in mountain bike come la "Transalp", arriviamo ad avere un impegno metabolico anche maggiore a quello che io ho totalizzato, in quanto, nonostante le ore totali siano inferiori, il ritmo di gara produce un consumo ed un impegno energetico che in allenamento non viene mai raggiunto.
PERCHE' SPINGERSI AI LIMITI
Partendo dal concetto di "limite", ho voluto sperimentare un difficile progetto di allenamento e ricerca. In un epoca ormai "segnata e compromessa" dal doping, in cui tutte le grandi prestazioni umane vengono spesso messe in discussione a causa di molti campioni e record risultati poi "favoriti" da pratiche illecite "è necessario restituire la giusta credibilità allo sport, alla preparazione atletica ed agli atleti stessi". Non possiamo negare alle nuove generazioni la speranza di poter diventare "campioni" lavorando in modo corretto, impegnato e costante. Se è lecito sospettare su alcune performance degli atleti Top a livello Mondiale (di tutti gli sport), non è possibile non credere più nelle "infinite" capacità e potenzialità umane.
Ovviamente questa nuova presa di coscienza, che deve viaggiare di pari passo ad una costante formazione ed informazione dei giovani e degli sportivi in generale, necessiterà tempo, ma non per questo dobbiamo arrenderci. Non per questo dobbiamo smettere di credere in un ideale puro di sport, non per questo fermeremo il nostro lavoro, che sarà sempre traccia e faro per chi vorrà seguire e percorrere l'unica strada corretta nello sport e nella vita.
SCHEMA DI ALLENAMENTO
Sviluppando constantemente due allenamenti al giorno (come potete osservare dall'immagine riportata a termine articolo, estrapolata dal diario del software Polar in cui sono trasferiti ed archiviati tutti i file di allenamento registrati con il cardiofrequenzimetro), inserendo sempre lavori lattacidi (quindi con ripetute o lavori continuati progressivi alla soglia sia nel primo che nel secondo allenamento), effettuando al mattino un primo allenamento molto lungo (almeno 6 ore) la cui parte finale (ultima ora e mezza circa) è stata sempre effettuata sul rullo, ed un secondo allenamento serale, ovviamente molto più breve, sempre effettuato completamente sui rulli, sono riuscito a superare un totale complessivo di otto ore giornaliere di allenamento (riporto delle settimane di esempio).
L'analisi di questi allenamenti è stata utile per osservare, capire e studiare una serie di risposte fisiologiche, metaboliche e psicologiche. Ritengo che le osservazioni più importanti siano quelle legate all'aspetto "psicologico e motivazionale". Spesso gli atleti (soprattutto gli amatori) tendono a sottovalutare le loro potenzialità, ipotizzando limitati margini di miglioramento e scarse capacità di affrontare carichi di allenamento sempre maggiori. Ci sono due diversi atteggiamenti da parte degli sportivi: da una parte c'è chi ha paura di allenarsi "troppo" per poi arrivare in gara non al massimo della condizione, e quindi tende sempre al "risparmio", o chi ha addirittura paura di "non farcela" anche in allenamento, partendo già con la "testa stanca" anche se le gambe potrebbero reggere. Dall'altra abbiamo chi si allena in modo esasperato, senza programmare carico e recupero, con risultati molto scarsi sia in allenamenti che in gara.
La sensazione di stanchezza protratta, la poca voglia di sopportare la fatica, trovare poca concentrazione durante le fasi specifiche dell'allenamento sono tutti segnali reali, controllati e trasmessi dalla nostra mente. Dobbiamo quindi considerare l'importanza del sistema nervoso sia come trasmettitore di stimoli, che come organo di controllo e inibizione. Molte funzioni sono infatti direttamente dipendenti dalle emozioni e dagli stress, e possono quindi avere diretta dipendenza da un particolare stato fisico o mentale.
Se pensiamo che un determinato grado di attivazione mentale e di concentrazione sono in grado di far produrre maggiore adrenalina ed endorfine al nostro organismo, possiamo capire come vi sia una dipendenza diretta della nostra capacità di "faticare" e di riuscire a portare a termine un determinato lavoro, con il livello elevato di stimolazione somatica e psichica.Altro aspetto importante per l'atleta è definire gli obiettivi del proprio allenamento. In base ad un obiettivo principale (nel mio caso quello di arrivare ad effettuare un determinato volume di allenamento, rispettando determinate intensità) saremo in grado di programmare una serie di tappe intermedie per poterlo ottenere, tappe che si trasformeranno in traguardi da raggiungere settimanalmente, giornalmente e in ogni allenamento. Il fatto stesso di raggiungere giorno per giorno la nostra "meta" ci renderà ancora più forti e motivati per proseguire e raggiungere l'obiettivo finale.
ANALISI ED INTERPRETAZIONE DEI DATI RILEVATI
Come si può facilmente osservare dalle tabelle e dai grafici allegati, le risposte ai due allenamenti (primo pomeriggio e sera) presentano notevoli differenze. Analizzando ad esempio la risposta della f.c. nel primo allenamento (partenza sempre verso le 12, e durata media di 6,5 ore) ed il secondo allenamento serale è evidente una marcata attenuazione nel primo allenamento, così come se osserviamo la stima del consumo calorico e la f.c. media notiamo immediatamente dati molto bassi rispetto a quelli di allenamenti svolti da un atleta che svolge carichi di lavoro più brevi.
Ciò dipende da un adattamento molto marcato del metabolismo che varia la propria attività sia durante allenamento che nelle fasi di recupero Rispetto ad un neofita, i cui adattamenti e modificazioni avvengono in modo molto marcato sia a livello strutturale (muscoli e tessuti) che sistemico (sistema cardiocircolatorio e metabolismo), sia sul piano metabolico e strutturale (composizione corporea), in un atleta evoluto che aumenta costantemente intensità e volume di allenamento, possiamo osservare risposte differenti.
In linea generale i miglioramenti e gli adattamenti dovuti ad una attività aerobica (con marcata sovrapposizione di fasi anaerobiche) comportano un aumento della vascolarizzazione (soprattutto grazie ad un aumento dei capillari che riduce la distanza di diffusione dell'ossigeno), un aumento del volume plasmatico e della concentrazione di mioglobina nei muscoli (grazie alla quale possiamo disporre di maggiore "benzina a livello periferico") ma soprattutto una diminuzione della concentrazione di lattato ematico a pari intensità di lavoro. Questo dipende non tanto da una minore produzione, ma da una maggiore capacità di smaltimento.
Ovviamente questi adattamenti non sono costanti e continui; risultano molto più marcati in un soggetto che inizia la pratica sportiva, e vanno pian piano diminuendo nell'atleta evoluto, nonostante i carichi di lavoro incrementino in modo costante.
Quello che si assiste in un atleta evoluto, è un miglioramento legato soprattutto al recupero ed in parte anche alla capacità e potenza lattacida. Se dal punto di vista strutturale, un ciclista che si allena da anni raggiunge una fase stabile (ottima composizione corporea e buona tonicità), dal punto di vista metabolico assistiamo ad un processo continuo di "economizzazione" energetica (che consente pari lavoro con minor consumo), e di un continuo potenziamento di tutti i sistemi di ripristino e recupero.
Questo corrisponde esattamente a ciò che troviamo in letteratura scientifica ed ovviamente spiega i dati rilevati durante i miei allenamenti.
Per intensità di lavoro tra il 65 ed 75-80% della massima potenza aerobica (bassa e media intensità), si assiste ad una riduzione della f.c. dal 5 al 10% (attenuazione che arriva anche ad un 15% nei giorni in cui il recupero non è completo); questo comporta valori di frequenza cardiaca molti bassi durante lavori a bassa intensità. Per avvalorare questa tesi possiamo osservare come anche al Giro D'Italia, dove nelle ultime due edizioni spesso era possibile avere un riferimento della f.c. dei corridori in gara grazie ad una trasmissione in telemetria, abbiamo assistito ad atleti che in coda al gruppo, pedalando comunque a velocità prossime ai 50 km/h avevano valori di f.c. prossimi ai cento battiti al minuto, cosa impossibile per un amatore messo in pari condizioni (inibizione della risposta della f.c. che per carichi medio bassi non risponde in modo incrementale e lineare al carico di lavoro).
Questo comporta che la stima del consumo calorico che viene effettuata con i cardiofrequenzimetri o comunque con formule indirette, risulta sottostimata rispetto al reale dispendio energetico. Se invece andiamo a considerare intensità di lavoro massimali (considerando che chi effettua un così alto volume di lavoro effettua ovviamente un allenamento ben strutturato e codificato con numerosi stimoli di tipo anaerobico) assistiamo ad un aumento della potenza massimale lattacida, e soprattutto ad un notevole miglioramento di tutte le capacità di smaltimento dell'acido lattico. Questo consente di affrontare lavori protratti ad alta intensità senza evidenti cali prestativi, e allo stesso tempo di avere grandi capacità nell'affrontare continui cambi di ritmo ad elevata intensità.
Ovviamente questo non vuole dimostrare che per ottenere costanti miglioramenti è necessario un volume impressionante di allenamento, ma solo che il nostro fisico è una macchina fantastica, che se ben allenata può sopportare carichi di lavoro altissimi mantenendo un rendimento ottimo. E' ovvio che al fine si una performance massimale, quindi ai fini della preparazione di uno sportivo per le gare, sono necessarie le giuste proporzioni tra carico e recupero, in relazione al livello atletico.
Se qualche anno fa, mentre studiavo e sperimentavo allenamenti molto lunghi, incessanti e pesanti, mi avessero detto che con massima continuità e senza periodi di scarico o giorni di riposo, fossi stato in grado di superare le otto ore al giorno di allenamento per un intero mese (effettuando anche prestazioni ottime sulle salite cronometrate fatte durante queste uscite) non ci avrei creduto!
E invece ci siamo arrivati. Sommando una serie di eventi favorevoli, per un ulteriore sperimentazione e studio, ma soprattutto per vincere una sfida con me stesso, grazie a grande motivazione, ho raggiunto un volume di allenamento che potrebbe sembrare altissimo ma che posso assicurarvi che è assolutamente raggiungibile (mantenendo oltretutto un ottimo livello di performance). Se pensiamo alle prestazioni di atleti che effettuano gare a tappe sia su strada che in mountain bike, abbiamo la dimostrazione che il fisico umano, se ben preparato e allenato, può sopportare carichi di lavoro veramente alti.
Prendendo in considerazione diverse giornate consecutive di gara del "Giro d'Italia" oppure di una gara a tappe in mountain bike come la "Transalp", arriviamo ad avere un impegno metabolico anche maggiore a quello che io ho totalizzato, in quanto, nonostante le ore totali siano inferiori, il ritmo di gara produce un consumo ed un impegno energetico che in allenamento non viene mai raggiunto.
PERCHE' SPINGERSI AI LIMITI
Partendo dal concetto di "limite", ho voluto sperimentare un difficile progetto di allenamento e ricerca. In un epoca ormai "segnata e compromessa" dal doping, in cui tutte le grandi prestazioni umane vengono spesso messe in discussione a causa di molti campioni e record risultati poi "favoriti" da pratiche illecite "è necessario restituire la giusta credibilità allo sport, alla preparazione atletica ed agli atleti stessi". Non possiamo negare alle nuove generazioni la speranza di poter diventare "campioni" lavorando in modo corretto, impegnato e costante. Se è lecito sospettare su alcune performance degli atleti Top a livello Mondiale (di tutti gli sport), non è possibile non credere più nelle "infinite" capacità e potenzialità umane.
Ovviamente questa nuova presa di coscienza, che deve viaggiare di pari passo ad una costante formazione ed informazione dei giovani e degli sportivi in generale, necessiterà tempo, ma non per questo dobbiamo arrenderci. Non per questo dobbiamo smettere di credere in un ideale puro di sport, non per questo fermeremo il nostro lavoro, che sarà sempre traccia e faro per chi vorrà seguire e percorrere l'unica strada corretta nello sport e nella vita.
SCHEMA DI ALLENAMENTO
Sviluppando constantemente due allenamenti al giorno (come potete osservare dall'immagine riportata a termine articolo, estrapolata dal diario del software Polar in cui sono trasferiti ed archiviati tutti i file di allenamento registrati con il cardiofrequenzimetro), inserendo sempre lavori lattacidi (quindi con ripetute o lavori continuati progressivi alla soglia sia nel primo che nel secondo allenamento), effettuando al mattino un primo allenamento molto lungo (almeno 6 ore) la cui parte finale (ultima ora e mezza circa) è stata sempre effettuata sul rullo, ed un secondo allenamento serale, ovviamente molto più breve, sempre effettuato completamente sui rulli, sono riuscito a superare un totale complessivo di otto ore giornaliere di allenamento (riporto delle settimane di esempio).
L'analisi di questi allenamenti è stata utile per osservare, capire e studiare una serie di risposte fisiologiche, metaboliche e psicologiche. Ritengo che le osservazioni più importanti siano quelle legate all'aspetto "psicologico e motivazionale". Spesso gli atleti (soprattutto gli amatori) tendono a sottovalutare le loro potenzialità, ipotizzando limitati margini di miglioramento e scarse capacità di affrontare carichi di allenamento sempre maggiori. Ci sono due diversi atteggiamenti da parte degli sportivi: da una parte c'è chi ha paura di allenarsi "troppo" per poi arrivare in gara non al massimo della condizione, e quindi tende sempre al "risparmio", o chi ha addirittura paura di "non farcela" anche in allenamento, partendo già con la "testa stanca" anche se le gambe potrebbero reggere. Dall'altra abbiamo chi si allena in modo esasperato, senza programmare carico e recupero, con risultati molto scarsi sia in allenamenti che in gara.
La sensazione di stanchezza protratta, la poca voglia di sopportare la fatica, trovare poca concentrazione durante le fasi specifiche dell'allenamento sono tutti segnali reali, controllati e trasmessi dalla nostra mente. Dobbiamo quindi considerare l'importanza del sistema nervoso sia come trasmettitore di stimoli, che come organo di controllo e inibizione. Molte funzioni sono infatti direttamente dipendenti dalle emozioni e dagli stress, e possono quindi avere diretta dipendenza da un particolare stato fisico o mentale.
Se pensiamo che un determinato grado di attivazione mentale e di concentrazione sono in grado di far produrre maggiore adrenalina ed endorfine al nostro organismo, possiamo capire come vi sia una dipendenza diretta della nostra capacità di "faticare" e di riuscire a portare a termine un determinato lavoro, con il livello elevato di stimolazione somatica e psichica.Altro aspetto importante per l'atleta è definire gli obiettivi del proprio allenamento. In base ad un obiettivo principale (nel mio caso quello di arrivare ad effettuare un determinato volume di allenamento, rispettando determinate intensità) saremo in grado di programmare una serie di tappe intermedie per poterlo ottenere, tappe che si trasformeranno in traguardi da raggiungere settimanalmente, giornalmente e in ogni allenamento. Il fatto stesso di raggiungere giorno per giorno la nostra "meta" ci renderà ancora più forti e motivati per proseguire e raggiungere l'obiettivo finale.
ANALISI ED INTERPRETAZIONE DEI DATI RILEVATI
Come si può facilmente osservare dalle tabelle e dai grafici allegati, le risposte ai due allenamenti (primo pomeriggio e sera) presentano notevoli differenze. Analizzando ad esempio la risposta della f.c. nel primo allenamento (partenza sempre verso le 12, e durata media di 6,5 ore) ed il secondo allenamento serale è evidente una marcata attenuazione nel primo allenamento, così come se osserviamo la stima del consumo calorico e la f.c. media notiamo immediatamente dati molto bassi rispetto a quelli di allenamenti svolti da un atleta che svolge carichi di lavoro più brevi.
Ciò dipende da un adattamento molto marcato del metabolismo che varia la propria attività sia durante allenamento che nelle fasi di recupero Rispetto ad un neofita, i cui adattamenti e modificazioni avvengono in modo molto marcato sia a livello strutturale (muscoli e tessuti) che sistemico (sistema cardiocircolatorio e metabolismo), sia sul piano metabolico e strutturale (composizione corporea), in un atleta evoluto che aumenta costantemente intensità e volume di allenamento, possiamo osservare risposte differenti.
In linea generale i miglioramenti e gli adattamenti dovuti ad una attività aerobica (con marcata sovrapposizione di fasi anaerobiche) comportano un aumento della vascolarizzazione (soprattutto grazie ad un aumento dei capillari che riduce la distanza di diffusione dell'ossigeno), un aumento del volume plasmatico e della concentrazione di mioglobina nei muscoli (grazie alla quale possiamo disporre di maggiore "benzina a livello periferico") ma soprattutto una diminuzione della concentrazione di lattato ematico a pari intensità di lavoro. Questo dipende non tanto da una minore produzione, ma da una maggiore capacità di smaltimento.
Ovviamente questi adattamenti non sono costanti e continui; risultano molto più marcati in un soggetto che inizia la pratica sportiva, e vanno pian piano diminuendo nell'atleta evoluto, nonostante i carichi di lavoro incrementino in modo costante.
Quello che si assiste in un atleta evoluto, è un miglioramento legato soprattutto al recupero ed in parte anche alla capacità e potenza lattacida. Se dal punto di vista strutturale, un ciclista che si allena da anni raggiunge una fase stabile (ottima composizione corporea e buona tonicità), dal punto di vista metabolico assistiamo ad un processo continuo di "economizzazione" energetica (che consente pari lavoro con minor consumo), e di un continuo potenziamento di tutti i sistemi di ripristino e recupero.
Questo corrisponde esattamente a ciò che troviamo in letteratura scientifica ed ovviamente spiega i dati rilevati durante i miei allenamenti.
Per intensità di lavoro tra il 65 ed 75-80% della massima potenza aerobica (bassa e media intensità), si assiste ad una riduzione della f.c. dal 5 al 10% (attenuazione che arriva anche ad un 15% nei giorni in cui il recupero non è completo); questo comporta valori di frequenza cardiaca molti bassi durante lavori a bassa intensità. Per avvalorare questa tesi possiamo osservare come anche al Giro D'Italia, dove nelle ultime due edizioni spesso era possibile avere un riferimento della f.c. dei corridori in gara grazie ad una trasmissione in telemetria, abbiamo assistito ad atleti che in coda al gruppo, pedalando comunque a velocità prossime ai 50 km/h avevano valori di f.c. prossimi ai cento battiti al minuto, cosa impossibile per un amatore messo in pari condizioni (inibizione della risposta della f.c. che per carichi medio bassi non risponde in modo incrementale e lineare al carico di lavoro).
Questo comporta che la stima del consumo calorico che viene effettuata con i cardiofrequenzimetri o comunque con formule indirette, risulta sottostimata rispetto al reale dispendio energetico. Se invece andiamo a considerare intensità di lavoro massimali (considerando che chi effettua un così alto volume di lavoro effettua ovviamente un allenamento ben strutturato e codificato con numerosi stimoli di tipo anaerobico) assistiamo ad un aumento della potenza massimale lattacida, e soprattutto ad un notevole miglioramento di tutte le capacità di smaltimento dell'acido lattico. Questo consente di affrontare lavori protratti ad alta intensità senza evidenti cali prestativi, e allo stesso tempo di avere grandi capacità nell'affrontare continui cambi di ritmo ad elevata intensità.
Ovviamente questo non vuole dimostrare che per ottenere costanti miglioramenti è necessario un volume impressionante di allenamento, ma solo che il nostro fisico è una macchina fantastica, che se ben allenata può sopportare carichi di lavoro altissimi mantenendo un rendimento ottimo. E' ovvio che al fine si una performance massimale, quindi ai fini della preparazione di uno sportivo per le gare, sono necessarie le giuste proporzioni tra carico e recupero, in relazione al livello atletico.